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venerdì 31 ottobre 2008

ANDREA PAZIENZA

Novembre 1977:

avevo avuto giorni migliori di quel cazzo di pomeriggio gelato e nebbioso, cammino con un sottile fremito di malumore che minaccia di montare in una incazzatura incontenibile come la marea. Camminavo lentamente lungo il binario 1 della stazione Centrale di Bologna aspettando il treno che mi doveva portare a casa. Annoiato e infreddolito mi soffermo per un attimo a guardare distrattamente le copertine di varie riviste e vengo "Folgorato sulla via di Damasco". Su uno sfondo giallo vedo Zanardi che mi fissa, è amore a prima vista. Compro la pubblicazione mentre l'altoparlante annuncia l'arrivo del mio treno, salgo, prendo posto e mentre l'escursione termica mi rabbonisce inizio a leggere inconsapevole di aver aperto una porta su un nuovo universo: la genialità, l'arte e l'irripetibilità di un genio che sminuiva e annullava tutto ciò che c'era stato prima e tutto quello che ci sarebbe stato dopo, In seguito ho sempre comprato e letto tutta la sua produzione, o amato i suoi "cartoons" come "Don pepe", ho sofferto inseme a "Pompeo", ho riconosciuto, non me ne abbia Salvatores, "Il tenente Stella" in Mediterraneo, ho corso su campi di battaglia a fianco di "Astarte". Alla sua morte ho dato via tutti i suoi fumetti, l'unica cosa che ho ancora è una sua litografia regalatami da Maurizio Di Vincenzo per il mio trentaseisimo compleanno: un falco incazzato, appollaiato su un ramo sotto una pioggia battente mentre alle sue spalle corre un lampo. Non ho più riletto le sue cose ma ricordo perfettamente la cronologia delle uscite delle sue opere, i colori, le frasi, i suoi vorticosi cambi di stile. Ancora oggi che ho i capelli bianchi e forse un lieve rincoglonimento senile tendo a dividere parte delle persone che mi circondano in Petrilli, Zanardi, l'Umpichet ecc. Ho continuato a leggere fumetti per poi sfogliarli fino ad abbandonarli completamente, niente mi ha più dato un'emozione che si potesse avvicinare lontanamente a quelle provate grazie a Pazienza.

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