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martedì 25 maggio 2010



da: "CANI SCIOLTI"
... dentro quella chiesa io ero l' unico a non sapere chi fosse realmente mio padre... un soldato, non uno di quelli affardellati di medaglie sempre intenti ad organizzare parate o sterili quanto inutili manovre; ne tanto meno uno di quelli con i calli al culo coltivati con amore standosene seduto per anni dietro una scrivania.
Era un soldato senza uno straccio di bandiera, con una sola concezione di vita: starsene in una mimetica che puzza di sudore rancido tenendo in mano un fucile d' assalto, con la faccia sporca di polvere e sangue.
Due sole necessità basilari, un nemico da uccidere e delle munizioni... due cose facilmente reperibili.
Mi guardò con un' espressione che voleva, credo, essere affettuosa ma a me fece venire in mente uno stitico alle prese con uno stronzo particolarmente ostico. Imparai in seguito che la sua gamma di emozioni non aveva nulla da invidiare a quella di un varano.
Con un gesto goffo mi passò il dorso delle dita sulla guancia e a quel contatto capii che sotto la pelle, nelle vene, scorreva lo stesso sangue... sangue cattivo.

sabato 8 maggio 2010






IL CAPOLAVORO DEL DIAVOLO
Le acque nere del rancore stagnano attorno a lui. Rivoltanti quanto consueti miasmi gli avvelenano la mente e l' anima. Se ne sta nascosto dietro ad un pilastro di cemento armato del parcheggio condominiale ad aspettare. Ha i piedi infilati dentro a delle buste di plastica, guanti di lattice sotto a quelli di pelle... sicuramente nessuno si prenderà la briga di eseguire costosi esami del DNA davanti all' evidenza dei fatti, ma qualche precauzione in più non guasta mai.

Il freddo e l' umidità si insinuano inesorabilmente attraverso i suoi indumanti e gli penetrano fastidiosamente nelle ossa. E' da oltre un ora che se ne sta rintanato nella penombra fermo e silenzioso come un animale da preda.

Tradirlo con quel bastardo! Quattro anni di convivenza, di progetti fatti assieme per poi sparire proprio quando erano quasi arrivati dove volevano. Lentamente muove la mano destra nella tasca del giaccone e con la punta delle dita sfiora il calcio gelato della vecchia Beretta 70. Un arma modesta ed in pessime condizioni, un arnese per disperati o tossici, o tutte e due le cose insieme. L'arma ideale per un morto di fame che non può lontanamente porsi problemi di affidabilità e precisione. Anche attraverso i guanti il contatto lo rassicura, è pronta per fare il suo mestiere. Mai usare un' arma senza averla controllata e provata personal mente, certo ha dovuto tribolare per trovarla, una pistola dalla provenienza ignota come testimoniano i numeri di matricola abrasi e sicuramente con la coscienza macchiata da più di un omicidio... perfetta!

se fosse stato un altro uomo certamente lo avrebbero fottuto, già, ma lui non è un altro uomo. Lui per natura e professione è diffidente, vivere sospettando continuamente di chi gli è attorno è parte integrante del suo esistere. Inspira aria con rabbia, fino quasi a farsi esplodere i polmoni e quasi gli sembra di sentire il profumo di lei, l'odore della sua pelle, delle sue parti intime. Insacca con un moto di rabbia il collo nel bavero del giaccone nel mentre che dei fari illuminano la rampa d'accesso del parcheggio, con calma la mano destra impugna la Beretta, l'indice è parallelo al carrello. Le poche e esauste luci al neon illuminano la Mercedes che stava aspettando, si deve muovere rapidamente, fintanto che il suo uomo è impegnato a spegnere il motore, sfilare le chiavi dal quadro, raccattare le sue cose ed aprire la portiera. Lei parla... a lei piace tanto parlare.
Con veloci e felpati passi si avvicina al lato sinistro dell' auto , l'uomo è ancora all' interno del veicolo mentre lei a già aperto la portiera e si appresta uscire. Il livore che gli ribolliva dentro si ritrae lasciando al suo posto solo fredda determinazione. L' uomo avverte la sua presenza e si volta verso di lui, l' ultimo gesto prima che tre pallottole espose in rapida successione, dopo aver mandato in frantumi il finestrino, gli facciano esplodere la testa.
Lei e paralizzata, il terrore le deforma i lineamenti del viso, prova a dire qualcosa ma le corde vocali, che sembrano atrofizzate, le procurano solo dolore. Lui le si avvicina puntandogli l' arma al volto:
"Dov'è?"
La donna indica con mano tremante il bagagliaio dell' auto, lui lo apre e ne tira fuori un piccolo pacco accuratamente sigillato, lo esamina attentamente e poi si rivolge nuovamente a lei con aria afflitta.
"Non dovevi farlo... io ti amavo!"
Suggella la frase con due colpi di pistola.
Il rumore degli spari rimabalza sulle pareti per poi spegnersi. La Beretta ancora fumante torna al suo posto, le mani dell'uomo frugano il cadavere riverso sul sedile, afferrano sicure portafoglio, cellulare e orologio, poi e il turno della donna, prendono la borsa e la collana.
Un' auto che si trova dalla parte opposta del garage accende si mette in moto, accende i fari e inizia a muoversi adagio, lui si guarda attorno per l'ultima volta e pio gli si fa incontro deciso ma senza fretta. Apre lo sportello anteriore di destra e sale a bordo. La vettura riparte e imbocca la rampa d' uscita. Il guidatore parla senza voltarsi.
"Hai preso la cocaina?"
L' uomo gli mostra il pacco, sul suo volto una smorfia scocciata:
"Secondo te che cazzo ci siamo venuti a fare qui?"
il guidatore scuote la testa:
"Si sono fatti aspettare."
L'uomo si toglie le buste dai piedi:
"Ti lamenti tu che stavi al caldo?"
Il guidatore indica disgustato il sedile posteriore:
"Già, peccato che questo stronzo puzza più di una capra morta da una settimana!"
Sul sedile posteriore, privo di coscienza è seduto scomposto un ubriaco, paurosamente vicino ad un coma etilico. é poco meno di un barbone, ha una fedina penale costellata di piccoli reati. Come la pistola anche lui è stato scelto con cura tra vari candidati. L'uomo gli infila nelle tasche della giacca a vento lurida i guanti e quelli che tra poche ore su un rapporto dell'autorità giudiziaria saranno definiti gli effetti personali delle vittime e l' arma del delitto.
Dopo essersi allontanati di pochi isolati entrano nel parcheggi di una discoteca, si muovono invisibili tra coppiette che scopano e idioti che pippano coca, tutta gente che al primo lampeggiante blu si sarebbe dissolta nel nulla come nebbia al sole. Depositano l' ubriaco sul cofano anteriore di una sfavillante auto sportiva. Tra un po di tempo il proprietario del gioiello su quattro ruote, completamente stonato e in compagnia della troietta di turno metterà in moto il meccanismo.
Ogni mestiere offre i suoi vantaggi.
il ferroviere viaggia gratis,
il meccanico compra pezzi di ricambi scontati,
un poliziotto ha il modo di risolvere tranquillamente questioni spinose.
L' uomo si volta verso il collega che mentre guida si è acceso una sigaretta e tira su con il naso in modo rumoroso... ognuno a le proprie debolezze.